LA STAMPA DI FEBBRAIO 2016

img

Giornale di Brescia, 27 febbraio 2016

Simulando una verifica sulle banconote gli hanno sottratto dall'abitazione i risparmi di una vita
Ponte di Legno Giuliana Mossoni

Le truffe e i raggiri agli anziani arrivano anche in alta Valle. In una terra che finora sembrava indenne da gesti vili ai danni delle persone fragili, due malfattori hanno sottratto a un 80enne residente a Ponte di Legno una cifra compresa tra i 20 e i 30 mila euro.
Il colpo. Il fatto è avvenuto martedì mattina tra l'ufficio postale, dove si era recato l'uomo, e la sua abitazione, situata poco distante. Il dalignese aveva effettuato una commissione in Posta e nell'uscire è stato avvicinato dai due, che si sono detti essere degli ispettori incaricati di controllare il denaro in uscita dall'ufficio. L'ottantenne ha consegnato le banconote e la coppia di ladri gli ha comunicato che il suo denaro era falso, consigliandogli di rivolgersi ai carabinieri per farsi cambiare la somma in soldi veri. I due hanno chiesto all'anziano se possedesse altro denaro e lui, completamente ignaro di quanto stava accadendo, ha risposto d'avere a casa molti soldi, frutto dei risparmi di una vita.
In casa. I malfattori si sono fatti accompagnare al primo piano dell'abitazione e hanno controllato una a una tutte le banconote, affermando che alcune erano false e altre autentiche, intimando il poveretto d'andare subito dalle Forze dell'ordine. Insieme all'anziano hanno messo i soldi in una busta e l'hanno lasciata sul letto. L'80enne ha poi accompagnato la coppia alla porta e, in un momento di distrazione, uno dei due è tornato di sopra a rubare la busta. Il dalignese è tornato in camera, intenzionato a prendere la busta e andare dai carabinieri, quando si è accorto che era tutto sparito. Disperato ha chiamato aiuto, ma non c'era più nulla da fare.

Indagini.
Sul raggiro stanno indagando i carabinieri di Ponte di Legno, che hanno acquisito i filmati delle telecamere posizionate nei pressi della Posta.
Decalogo.
Visto l'elevato numero di truffe che si sono verificate in zona nell'ultimo periodo, la polizia locale ha diffuso un decalogo di consigli sui comportamenti da tenere.
I malfattori.
Pare che la coppia di malfattori abbia messo a segno diversi colpi molto simili in Lombardia, utilizzando la medesima auto ma cambiando la targa.
I consigli.
I vigili dalignesi raccomandano di diffidare da chi bussa alla porta e di contattare le forze dell'ordine in caso di richieste di entrare in casa con scuse banali.

img

Corriere della Sera  - Martedì 23 Febbraio, 2016

In Cassazione Il diritto dei cattolici a non lavorare la domenica

L’ultimo richiamo di un Pontefice al rispetto delle festività è stato di papa Francesco nell’udienza generale del mercoledì prima di Ferragosto scorso. «L’ossessione del profitto economico e l’efficientismo della tecnica mettono a rischio i ritmi umani della vita. Il tempo di riposo, soprattutto quello domenicale — è stato il monito — è destinato a noi perché possiamo godere di ciò che non si produce e non si consuma, non si compra e non si vende». Un’esortazione non caduta nel vuoto, almeno da parte della Cassazione, che ha dato definitivamente ragione a un dipendente sessantenne di fede cattolica delle Poste sanzionato con la sospensione dal lavoro per un giorno (e privato della relativa retribuzione) per non essersi presentato in azienda per due domeniche. I Supremi giudici hanno confermato la sentenza della Corte d’appello di Milano del 17 settembre del 2010 e, respingendo il ricorso delle Poste, hanno sottolineato come il datore di lavoro, in base al diritto alla libertà di impresa, può organizzare turni domenicali ma non può infliggere — fino al raggiungimento di un’intesa sindacale — provvedimenti ai dipendenti che, per motivi di culto, non intendono lavorare. Nel 1999 le Poste, in via sperimentale, avevano introdotto il turno domenicale nel centro meccanizzato di Peschiera Borromeo e poi lo avevano esteso ad altri reparti senza però raggiungere un accordo con i sindacati. La situazione — è stato ricordato nel verdetto — aveva generato proteste da parte dei lavoratori cattolici, che intendevano la domenica «come momento religioso e di pratica di fede». Alcuni sindacati avevano contestato l’imposizione del turno domenicale e Luigi L., nel 2004, aveva aderito all’iniziativa comunicando di non voler lavorare nelle giornate festive domenicali e cristiane. Per due domeniche si era assentato dal lavoro, dando però la disponibilità a recuperare. Ma dall’azienda era arrivata la sanzione e lui l’aveva ritenuto sproporzionata. Già i giudici di merito avevano dato atto del fatto che «esisteva una iniziativa sindacale in corso e una richiesta individuale di non assegnazione a turni domenicali per motivi di religiosi, circostanza di cui le Poste erano a piena conoscenza, e che portarono, nel periodo immediatamente successivo alla soppressione del turno domenicale». E ora la Cassazione ha dato ragione alla loro impostazione.

img

Giornale di Brescia, 20/02/2016 ore 14.58
VIA GAMBARA
«Licenziato per colpa tua»: caos alle Poste, 43enne in manette
Crea scompiglio all’interno dell’ufficio postale, viene arrestato per lesioni, danneggiamento ed interruzione di pubblico esercizio. In manette è finito un 43enne residente in città.
Il tutto ha luogo attorno alle 12.30 di ieri, venerdì. L’uomo, originario della provincia di Messina, entra nell’ufficio postale di via Lattanzio Gambara, si introduce nell’ufficio di una dipendente - i due non si conoscono - e inveisce contro di lei, scagliandole contro il computer e ribaltandole la scrivania. La accusa di essere la causa del suo licenziamento da Poste Italiane.
In soccorso alla donna arrivano prima una collega, poi gli agenti di una Volante.
Il 43enne di origini siciliane è in effetti un ex dipendente di Poste Italiane. È noto alle forze dell’ordine per condotte analoghe, tenute sempre all’interno di diversi uffici postali della Lombardia. Ed è già stato denunciato per danneggiamento ed interruzione di pubblico servizio.
L’uomo è stato arrestato. L’arresto è stato convalidato; nei suoi confronti è stato disposto il divieto di allontanamento dal comune di residenza.

img

Giornale di Brescia, 14 febbraio 2016
Tempo di lavori per le Poste: nel parcheggio la stazione mobile
Domani e martedì la chiusura totale dell’ufficio, da mercoledì la struttura temporanea
Corrado Consolandi
Tempo di lavori per l’ufficio postale di Roncadelle. Domani e martedì i locali in via Martiri della Libertà 295 resteranno.
Completamente chiusi per consentire una serie di interventi che cambieranno radicalmente il volto della struttura; da mercoledì il servizio sarà poi riattivato grazie a una speciale unità mobile che verrà posizionata proprio di fronte all’ufficio postale.

Nel parcheggio. Una sistemazione temporanea già adottata anche in passato per altri interventi, sarà così garantito l’accesso ai servizi pure durante il periodo di esecuzione dell’importante intervento di ristrutturazione, al termine i cittadini disporranno di un ufficio più sicuro, funzionale e accogliente. Nessun disguido quindi, il paese non rimarrà sguarnito, i lavori erano comunque necessari per sostituire i macchinari e per rimodernare i locali dell’ufficio, che sentono senza dubbio il peso degli anni.

Il cantiere. Da domani partono quindi i lavori per il restyling completo, i servizi saranno come detto garantiti dall’ufficio postale mobile, una struttura ad alta tecnologia accessibile come un normale sportello e dotato di particolari sistemi di sicurezza. Gli orari di apertura al pubblico saranno dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 13.35 e il sabato dalle 8.20 alle 12.35. Non solo, a partire dal 16 febbraio e per tutta la durata dei lavori la consegna di raccomandate, assicurate e atti
giudiziari non consegnati per assenza del destinatario sarà garantita dall’ufficio di Castel Mella, in via Damiano Chiesa 1, il cui personale verrà adeguatamente potenziato per far fronte a tutte le richieste. Infine sempre a Castel Mella, sarà anche svolta l’attività di consulenza per i clienti di Roncadelle, dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 13.35 e il sabato dalle 8.20 alle 12.35. I lavori proseguiranno per tutto il mese di febbraio, e salvo imprevisti il nuovo ufficio postale di Roncadelle sarà riaperto nella sua totalità ad aprile. Una struttura che si presenterà sicuramente più accogliente, ma anche più funzionale alle sempre maggiori esigenze dei clienti dell’ufficio.

img

Il Fatto Quotidiano di Antonio Massari | 13 febbraio 2016
Poste Italiane e i trucchi sui test di qualità del servizio di consegna: “Il ministero sapeva tutto”
L'azienda intercettava le "lettere civetta" dall'aprile del 2014 per mostrare un servizio migliore. Alcuni dipendenti avevano raccontato la verità all'alto funzionario Castano che fece finta di nulla. Presentata interrogazione parlamentare
“Il ministero dello Sviluppo economico sapeva che Poste italiane intercettava le ‘lettere civetta’ che avrebbero dovuto testare la qualità del servizio nella consegna della corrispondenza?”. È uno dei passaggi dell’interrogazione parlamentare che Arianna Spessotto del M5S rivolge al dicastero, dopo le inchieste pubblicate dal Fatto Quotidiano il 9 giugno 2015. È sufficiente visitare il sito della Camera dei deputati per verificare che il ministro Federica Guidi non ha ancora risposto. Rispondiamo noi del Fatto: al ministero sapevano, dall’aprile 2014, quando il governo di Matteo Renzi era insediato da circa due mesi. Ma hanno fatto finta di nulla.
A esserne informato è Gianpiero Castano, influente funzionario, che in quei giorni sta seguendo una delicata vertenza sindacale: alcuni lavoratori, metalmeccanici che si occupano della manutenzione del Centro di meccanizzazione di tutta Italia (Cmp), hanno perso il lavoro perché l’appalto è stato affidato alla Ph Facility, un’azienda che si occupa di ben altro, specialista in multiservizi, in altre parole igiene e pulizie. Gli operai trattano col funzionario del dicastero e al termine del tavolo sindacale spiegano a Castano che, in effetti, anche un’azienda leader nelle pulizie può gestire la manutenzione di un Cmp, visto che il controllo della qualità è truccato. Gli parlano delle “lettere civetta”, gli spiegano che sono stati testimoni di quel che accade, denunciano che il sistema di controllo è taroccato.
È una notizia gravissima. Il coefficiente di qualità consente infatti a Poste italiane di muoversi su tre tavoli: il contributo pubblico di oltre 250 milioni annui per occuparsi della consegna delle lettere; il finanziamento europeo per altre centinaia di milioni; finché tutto apparentemente funziona, il coefficiente di qualità legittima anche la politica industriale, a partire dalle nuove assunzioni, ai mancati turnover, per finire alla razionalizzazione dei postini (consegne a giorni alterni).
E apparentemente tutto funziona. Ma non è così, spiegano gli operai a Castano, perché hanno visto con i loro occhi che i controlli sulla qualità sono truccati. Castano spiega di essere un funzionario pubblico, dice che gli stanno riferendo cose gravi, che forse dovrebbe avvertire il sottosegretario, a meno che… A meno che non si faccia finta che non s’è detto nulla, che lui dei controlli truccati non ha mai saputo niente. E gli operai, spaventati, ritirano tutto dicendo che è meglio far finta di aver scherzato. Il Fatto Quotidiano ha contattato alcuni di questi operai del nord Italia che, sotto la protezione dell’anonimato, hanno raccontato questo incontro in tutti i suoi dettagli. Se convocati in procura, sono disposti a raccontare tutto.
Le nostre inchieste, nel frattempo, hanno prodotto ulteriori conseguenze. La procura di Roma ha aperto un fascicolo per truffa – per il momento senza indagati – ai danni di Poste Italiane. Il Fatto aveva pubblicato i testi delle mail interne che, dal 2006 al 2010, dimostrano l’esistenza di una vera e propria rete, all’interno dell’azienda, dedicata a schedare i controllori – il gruppo di persone che spediva e riceveva la corrispondenza, per conto della società Izi, al fine di testare i tempi di consegna e certificarli all’Agcom – con una procedura interna denominata “noti invii”.
Poste Italiane, a sua volta, su input dell’ad Francesco Caio ha avviato un’indagine interna che, a sua volta, ha confermato il contenuto delle nostre inchieste. Non solo. Il fenomeno – sostiene Poste – s’è protratto fino al 2014. Ne è scaturita una sfilza di licenziamenti – circa 50 – e un migliaio di lettere di contestazione ad altrettanti dipendenti, che in questi giorni sono stati sospesi dal lavoro.
E ieri è intervenuto il segretario nazionale Cisl di Poste, Mario Petitto, che ha scritto direttamente a Caio: “La mia federazione in tempi non lontani e non sospetti evidenziò anomalie nel sistema di rilevazione dei dati…”. Resta da capire perché, a questo punto, non vi fu alcuna denuncia alla procura della Repubblica. In questo clima da resa dei conti, Petitto annuncia che le misure prese dall’azienda, nei riguardi dei suoi dipendenti, provocherà “il più grande contenzioso giudiziario che Poste Italiane abbia mai affrontato per ragioni disciplinari”. E punta l’indice sulla gestione di Massimo Sarmi: “Anziché creare confusione… perché nessuno si pone il problema che le mail da cui nascono le contestazioni ai lavoratori (quello sul controllo delle lettere civetta, ndr) sono atti ufficiali che presuppongono una catena gerarchica che arriva fino ai vertici aziendali in un’unica regia nazionale?”.
Proprio così: “Regia nazionale”. E ancora: “Qualche ‘vestale’, oggi responsabile di importanti funzioni aziendali, anziché pontificare e fare lo struzzo, dovrebbe chiedersi se anche sotto la sua gestione sono continuati comportamenti illegittimi che l’inchiesta avrebbe dovuto evidenziare con chiare responsabilità individuali e non di massa”. Se oltre alla domanda, Petitto sa anche la risposta, sarebbe davvero interessante conoscerla.

img

Giornale di Brescia, 13 febbraio 2016
BRESCIA. Francesco Diomaiuta, Laura Valgiovio e Alberto Pluda. La rosa dei nomi era già uscita nelle scorse settimane. Ieri è arrivata la conferma nel corso dell’esecutivo della Cisl:questa sarà la segreteria dell’organizzazione sindacale di via Altipiano d’Asiago. Riportiamo la rassegna stampa di oggi.
Cisl, Diomaiuta «non sarà un segretario ponte»
Confermata l'indicazione di Torri: nella segreteria a tre anche Valgiovio e Pluda. La nomina il 3/3
Daniela Zorat d.zorat@giornaledibrescia.it
BRESCIA. Francesco Diomaiuta, Laura Valgiovio e Alberto Pluda. La rosa dei nomi era già uscita nelle scorse settimane. Ieri è arrivata la conferma nel corso dell’esecutivo della Cisl:questa sarà la segreteria dell’organizzazione sindacale di via Altipiano d’Asiago.

Proposta. L’indicazione ai 25 membri dell’organo direzionale è arrivata dal segretario generale, Enzo Torri che, entrato in Cisl nel 1980, lascerà la guida del sindacato il prossimo 3 marzo (giorno del Consiglio generale), insieme a Giovanna Mantelli, che pure andrà in pensione. E la «mia proposta è stata largamente condivisa» ha spiegato Torri. Francesco Diomaiuta sarà il successore e - come lui stesso ha ribadito, nonostante i due anni che lo separano dalla pensione -, non sarà un «segretario ponte». Anzi, tutt’altro. Sarà un segretario a tutti gli effetti. «Mi sento legittimato a fare tutto, in continuità con chi mi ha preceduto. Posso essere un traghettatore ma del tempo che stiamo vivendo, per cogliere le sfide di un mondo che sta cambiando. Così come sta cambiando anche la Cisl». Le parole chiave per Diomaiuta sono almeno due: «Contrattazione e territorio, allargando la sua attenzione alle periferie».Ma «il mestiere del sindacalista è contrattare, cercando di creare anche nuove tutele».

Guida a tre. A far parte della squadra del futuro segretario generale della Cisl ci saranno Alberto Pluda, attuale segretario della Fisascat, e Laura Valgiovio, già oggi in segreteria, tra un anno in pensione. «Il primo arriva da una categoria che ben rappresenta quel mondo del lavoro in continua evoluzione. La seconda è espressione storica del manifatturiero e dell’industria, campo in cui serve una forte contrattazione e in cui servono persone in grado di farla proprio grazie alla loro esperienza». Quanto ai rapporti con gli altri sindacati Francesco Diomaiuta ha le idee molto chiare: «In continuità con quanto fatto da Torri,sarà un rapporto di collaborazione pur nella distinzione e nella chiarezza. Certo con una filosofia sindacale diversa che si basa anche su una riqualificazione dei diritti, a cominciare   da quello al lavoro, favorendo azioni che creino occupazione».

La novità. L’idea di una segreteria a tre precorre i tempi, dal momento che diventerà la regola solo con il Congresso del 2017. Viene definita «strategica e diprospettiva» da Alberto Pluda che aggiunge:«Per me sarà davvero un bel salto.
«Sono dell’idea che serva una organizzazione compatta su progetti chiari, che ponga al centro le categorie, perseguendo obiettivi comuni e condivisi». Il 47enne, sposato e con quattro figli, dopo la laurea in Scienze Politiche alla Cattolica di Milano ha vinto una borsa di studio che lo ha portato alla Cisl e a maturare esperienza in  tre categorie prima che alla Fisascat, che guida da dieci anni.

img

Brescia Oggi - sabato 13 febbraio 2016 ECONOMIA, pagina 33
IL VERTICE. Dopo il via libera dell'Esecutivo
«Cisl», il 3 marzo il voto per eleggere il nuovo leader
Diomaiuta succederà a Torri In squadra Pluda e Valgiovio
Un altro passo deciso verso il rinnovo della leadership. Dopo le indiscrezioni e le prime conferme, l'ufficialità emerge dalla riunione dell'Esecutivo della Cisl di Brescia riunito ieri nella sede di via Altipiano d'Asiago. Un confronto - terminata la fase di consultazione - culminato con la piena condivisione della proposta del segretario generale Enzo Torri, costruita sulla base del recente accordo, per quanto riguarda il nuovo vertice dell'organizzazione.Il prossimo 3 marzo, quindi, presente il segretario generale della Cisl Lombardia, Osvaldo Domaneschi, il Consiglio generale della Cisl bresciana sarà chiamato a eleggere il successore di Torri: si tratta di Francesco Diomaiuta - già al vertice della Cisl del comprensorio camuno-sebino accorpato (nel 2013) a Brescia -, con un impegno che proseguirà anche post-congresso 2017. Poi si procederà al voto sulla nuova segreteria: anche in questo caso troveranno riscontro le prime anticipazioni, con l'ingresso in squadra - su proposta del neo segretario generale - di Alberto Pluda (leader della Fisascat; dovrà lasciare l'incarico: in pole, per subentrare, ci sarebbe il segretario Valter Chiocci nel segno della continuità) e la conferma di Laura Valgiovio, ora nella segreteria di Torri (con Diomaiuta e Giovanna Mantelli). Dunque un vertice a tre, «anticipando» di fatto quanto sarà definito dal congresso nazionale della Cisl riguardo la composizione dei vertici delle territoriali.

img

Il FattoQuotidiano.it
Poste, ex responsabile del servizio qualità verso licenziamento per l’imbroglio su tempi di consegna. “Sapeva tutto”

di Daniele Martini 5 febbraio 2016
Il numero uno Caio ha inviato a Gennaro Celotto, tuttora dirigente di alto livello del gruppo, una contestazione di addebito. "Non risulta che lei abbia contrastato la condotta finalizzata a far risultare una qualità del servizio di recapito divergente da quella reale", si legge, nonostante ne avesse "piena consapevolezza". Celotto aveva sempre negato.
“Risulta che Ella ha avuto piena consapevolezza e conoscenza di una articolata condotta finalizzata a far risultare una qualità del servizio di recapito divergente da quella reale”. E inoltre “non risulta che Lei abbia comunque contrastato la richiamata condotta”. E’ un atto d’accusa pesantissimo quello che il nuovo amministratore delegato delle Poste, Francesco Caio, rivolge a Gennaro Celotto con una lettera di “contestazione di addebito” che Ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere. Chi è Celotto? Fino a non molto tempo fa alle Poste Celotto era uno dei papaveri più alti, responsabile nazionale nel 2013 di uno dei settori nevralgici dell’azienda: il servizio qualità. E tuttora è un dirigente di alto livello a cui da un decina di mesi fa hanno affidato il compito della “progettazione e dell’architettura dell’assetto complessivo della rete di logistica”.
Ora Celotto è sul filo del licenziamento, essendo stato individuato dai nuovi capi dell’azienda come uno dei dirigenti coinvolti nella truffa delle lettere. Un gigantesco imbroglio che secondo le informazioni ufficiali di fonte aziendale per ora coinvolge circa 200 dirigenti (anche se solo per 20 sono pronte le lettere di licenziamento e tra questi non ci sarebbe Celotto). Un raggiro che Il Fatto cominciò a raccontare fin dalla fine del 2013 e che ha progressivamente continuato a svelare con una serie di articoli e di inchieste successive di vari autori. Alle precise e documentate rivelazioni del nostro giornale è stato proprio Celotto a rispondere a suo tempo sia per telefono sia attraverso lettere, negando sempre in modo risoluto ogni circostanza e ogni addebito. Gli stessi fatti ora gli vengono contestati addirittura dal capo della sua azienda.
Ai dirigenti delle Poste a cui è stata consegnata la lettere di addebito sono stati concessi cinque giorni di tempo per rispondere “producendo le eventuali giustificazioni”. Dopo di che l’azienda deciderà il da farsi: è molto probabile che per i dirigenti ritenuti coinvolti il licenziamento scatti sulla base dell’elementare constatazione che sarebbe venuto meno nel frattempo il rapporto fiduciario che li legava all’azienda. Nei mesi passati su ordine di Caio le Poste sono state passate ai raggi x di un audit interno che puntava proprio sul monitoraggio della qualità del servizio di recapito. Sono stati esaminati i pc di numerosi dirigenti e sono state passate al setaccio le email.
Dall’indagine sono emerse “gravissime irregolarità in relazione ai prodotti di corrispondenza nazionale e internazionale, riguardanti anche i cosiddetti Grandi clienti”. Per quanto riguarda Celotto “è risultato che è presente nella corrispondenza per posta elettronica (almeno 6 mail ndr) scambiata tra addetti e responsabili di strutture territoriali di servizi postali”. Da questa corrispondenza “emerge incontrovertibilmente la illecita finalità di far risultare una qualità del servizio di recapito divergente da quella reale”.
Il meccanismo della truffa era allo stesso tempo ingegnoso e semplice. Semplice perché imperniato su un presupposto elementare: dal momento che i risultati della qualità, cioè lapuntualità della corrispondenza, si basa sui dati elaborati sulla consegna delle lettere a campione, basta individuare quelle lettere, farle correre come lepri e il gioco è fatto. La qualità del servizio è verificata attraverso società esterne a Poste, in particolare la Izi, tenute al segreto sia dei nominativi di chi spediva le lettere campione sia dei destinatari delle stesse. Alcuni dirigenti delle Poste erano però riusciti a individuare questi nominativi e avevano organizzato un complesso sistema prima per intercettare le lettere spedite, in gergo chiamate i “noti invii“, e poi per incanalarle su un sistema di consegna parallelo e ultraveloce.
In questo modo si falsavano i dati sulla qualità, cioè si abbellivano a piacimento gli standard nazionali di puntualità nella consegna della corrispondenza. Che non sono un dettaglio secondario e neanche una curiosità puramente statistica, ma hanno un impatto notevole sulla vita dell’azienda e sul rapporto che essa intrattiene con lo Stato. Basti pensare che gli obiettivi sono fissati con una delibera formale dell’Autorità per le comunicazioni. L’ultima risale a metà giugno 2015, è lunga 35 pagine e opportunamente fissa obiettivi di puntualità più bassi rispetto al passato, l’80 per cento delle lettere spedite invece dell’88, forse in considerazione del fatto che il lusinghiero obiettivo precedente veniva raggiunto solo sulla carta e con sistemi poco ortodossi.
Sulla base del raggiungimento o del mancato rispetto dei livelli di puntualità lo Stato stabilisce penali e calibra le sovvenzioni annuali nei confronti dell’azienda delle lettere (in media intorno ai 300 milioni di euro). Obiettivi di puntualità rispettati significano, in sostanza, più soldi per le Poste e poi anche per i dirigenti dell’azienda perché è legata proprio alla puntualità una parte consistente dell’Mbo (in inglese management by objectives) annuale, cioè il premio riconosciuto ai capi postali per gli obiettivi raggiunti, una gratifica che in alcuni casi in passato è stata superiore anche ai 200mila euro.
La truffa sulle lettere produceva in sostanza almeno tre effetti dannosi. In primo luogo colpiva i clienti, cioè i cittadini, perché si faceva credere a tutti che il servizio postale funzionava come un orologio svizzero nonostante la percezione diffusa fosse completamente diversa. In secondo luogo si raggirava lo Stato a cui le Poste facevano credere di essere un esempio di produttività e di efficienza. E infine attraverso i dati falsi sulle consegne alcuni dirigenti si gonfiavano le tasche, evitando di essere invece messi alla gogna così come forse sarebbe stato più giusto per il pessimo servizio offerto. Considerato tutto questo è difficile credere che un raggiro del genere, che ha coinvolto centinaia di dirigenti postali, sia stato architettato senza che questi ultimi abbiano ottenuto dai vecchi capi dell’azienda un avallo sostanziale anche se probabilmente non formale e una copertura di fatto.

img

La stampa  - 07/02/2016
Non c’è posta per tutti, il buco nero di Fiumicino
Viaggio nel Cmp di Roma, snodo che rallenta la rete delle consegne, fa perdere commesse e può complicare il mercato dell’e-commerce

di GIACOMO GALEAZZI, ILARIO LOMBARDO
ROMA «Non c’è Poste senza posta». È così che Francesco Caio ama descrivere l’azienda di cui da due anni è amministratore delegato. Un colosso con oltre 140 mila dipendenti e un giro d’affari di 28,5 miliardi di euro.
Ma lo slogan dell’amministratore delegato, che come la preghiera del mattino i dirigenti di Poste italiane si ripetono ogni giorno, nasconde il senso della mutazione genetica di un asset strategico del Paese che sta cambiando la propria vocazione. Oggi Poste è tante cose, ma due soprattutto: banca e assicurazione. La corrispondenza, la cara vecchia lettera che viaggiando univa il Paese, è una realtà nei numeri del business sempre meno significativa e, nell’era di mail e smartphone, destinata a croniche perdite, ripianate solo in parte dai 262 milioni l’anno di contributo che lo Stato garantisce per il servizio postale universale. Sembra la fine di un’era, in effetti non lo è. E sono sempre i numeri a testimoniarlo. La salvezza, per le centinaia di migliaia di lettere e pacchi che ogni giorno lasciano le nostre case, potrebbe arrivare dall’e-commerce, da quei pacchi, cioè, che sempre più numerosi sono diventati la misura dei nuovi consumi. Certamente le infrastrutture dovranno adeguarsi per evitare disservizi.
L’ansia da consegna
Ancora oggi si muovono, dal e per il nostro Paese, tra i 12 e i 15 milioni di “pezzi” al giorno. Sono 3,7 miliardi l’anno di raccomandate, assicurate, riviste, pacchi. Un’enormità che gira in un sistema di un’azienda complessivamente sana ma con forti criticità nella macchina che muove tutta questa montagna. Li chiamano bug, bachi oppure falle: sono in grado di ostacolare il viaggio di una lettera, o addirittura inghiottirla, tra distrazioni, rallentamenti e mancanza di controlli. Il buco più nero dell’intero sistema è il Cmp di Roma Fiumicino, il centro, assieme a Milano, dove vengono smistati i maggiori quantitativi di corrispondenza e che serve una gigantesca area metropolitana. Parliamo di circa 80 mila chili al giorno distribuiti su tre turni. Qui è capitato di tutto. Arresti di dipendenti colti con le mani nel sacco o scene che siamo in grado di raccontarvi per testimonianze dirette fornite da più fonti interne. Esempi?
Un pacco di origine esotica si rompe e invece di attivare la procedura per questo tipo di incidenti, gli addetti sgranocchiano le arachidi contenute al suo interno. E ancora: vibratori destinati a chissà chi e muniti di elastico diventati goliardici copricapi. Oppure, passaggi di magliette da calcio e di gadget tecnologici sempre più spesso provenienti dalla Cina in sacchetti improbabili per forma e tenuta che i legittimi acquirenti non hanno mai ricevuto. Come è possibile?
Come funziona
Il nostro primo appuntamento è al sesto piano del quartier generale di Poste, all’Eur. Attorno al tavolo ci sono Giorgio Gerardi, responsabile reclami, e Gennaro Gianluca Celotto, ingegnere responsabile della rete logistica. Un grafico abbozzato a penna mostra il passato e il futuro di Poste, la curva che scende è la corrispondenza classica, la curva che sale sono i pacchi. «Dovremo essere in grado di ottimizzare i processi per non perdere il traino del commercio online» spiega Celotto. La concorrenza in questo settore è agguerrita e Poste deve recuperare terreno assicurando il fattore principe della qualità: la rapidità nei tempi di consegna. L’azienda può vantare una rete capillare che i competitor non hanno. Celotto la immagina come un sistema idraulico che ha tubi in ogni angolo del Paese. Una ricchezza ma anche un costo. «La crescita del commercio dei pacchi richiederà modalità operative completamente diverse» spiega Gerardi. Vuol dire investire e adeguare i macchinari e i mezzi di trasporto. In azienda nessuno nasconde che il settore corrispondenza così non va.
Mezzo miliardo di perdite, tagli di personale sempre all’orizzonte e precari che fino al Jobs Act ruotavano ogni tre mesi, disperdendo formazione e competenze. Se il portalettere è impreparato sulla toponomastica o le aree di recapito sono tarate male, il servizio ne risente e le lamentele aumentano. Ogni granello che rallenta l’ingranaggio si traduce in ritardi nella consegna e in perdita di competitività. Al punto che grandi clienti che saranno sempre più l’architrave del business, come Equitalia e Telecom hanno progressivamente abbandonato Poste a vantaggio dei corrieri concorrenti. Chi portava una volta nelle case il modem di Alice? Poste. Oggi non più. Chi consegnava in ogni regione le odiate ingiunzioni di Equitalia? Poste. Oggi continua a farlo solo in alcune parti d’Italia.
Intoppi da smistamento
I motivi vanno ricercati nella macchinosità dello smistamento di centri a basso tasso di efficienza come Fiumicino, che in tutti i report annuali è sempre all’ultimo posto. L’azienda non ha voluto fornirci queste classifiche, per poter comparare le macro-aree di tutta Italia. In compenso ci ha mostrato la Logistic control room che monitora in tempo reale il flusso della corrispondenza, i voli aerei e i camion, segnala guasti e ritardi su cui intervenire. Poi ci ha accompagnato al centro di Fiumicino e ci ha fatto indossare scarpe anti-infortunistica. Quello che abbiamo visto, o meglio: la parte che ci è stata mostrata dei 28 mila metri quadrati di stabilimento e quello che qui è avvenuto in un’ora circa, non corrisponde alla fotografia scattata da nostre fonti interne sul normale funzionamento del Cmp. Una macchina quasi perfetta secondo i vertici, ingolfata secondo chi deve gestirla. Dicono: il prodotto del futuro saranno i pacchi. Ma le strumentazioni, in tal senso, risultano ancora obsolete, gran parte del lavoro è manuale e la meccanizzazione appare lontana.
La tracciabilità
C’è un problema su tutti, raccontano a La Stampa le fonti che chiedono di restare anonime: la mole di corrispondenza e pacchi non è gestibile con l’organizzazione del lavoro attuale.
Nell’ala dove si trova la merce più pregiata, raccomandate 1, assicurate, raccomandate ordinarie e pacchi, tutto ciò che viene definito come «descritto» cioè tracciabile (quindi più costoso), richiederebbe tempi non compatibili con gli obiettivi e gli standard da garantire alla clientela. Anche perché qui il lavoro è meno meccanizzato e fa più affidamento sul fattore umano. Per accelerare le procedure non si registra all’entrata ogni singolo pezzo, non dove si può trovare un trucco per alleggerire il carico. A danno della sicurezza e della segretezza della posta. Se su assicurate, raccomandate 1, la registrazione in entrata è obbligatoria pezzo per pezzo come avviene in uscita, così non è per i pacchi, per tutto ciò che proviene dal bacino estero e per le raccomandate ordinarie. In questi casi, per fare in fretta, spesso l’acquisizione all’ingresso è sommaria, con una scansione attraverso un codice di tutto il contenuto del carrello pieno di pacchi e buste, e non di ogni singolo collo. I tempi altrimenti si allungherebbero e ad arretrato si aggiungerebbe arretrato. La scorciatoia però rende più vulnerabili i pacchi non registrati singolarmente. Basta andare a prendere un caffè, lasciare qualche minuto la merce e se qualcosa scompare, nessuno è chiamato a risponderne. E così che si crea una terra di nessuno in cui i pezzi si ammassano incustoditi, in balia di chiunque passi in questo spazio vicino ai bagni. Uno spazio che è stato ricavato solo di recente. Prima gli scatoloni di Amazon che rappresentano per Poste il grosso degli affari erano appoggiati lungo i corridoi.
Il ballo dei direttori
Se come è vero l’e-commerce è il futuro, spazi, macchine e monitoraggio dovranno migliorare. Ma come si fa con un centro che ha cambiato sette direttori in dieci anni? Chiediamo: chi c’è attualmente? «Il direttore è in fase di nomina». Non ci dicono che l’ultimo, Luca Bogoni (ex Cmp di Bologna), è stato raggiunto dalla lettera di licenziamento come altri 15 dirigenti, accusati di aver condizionato le verifiche della qualità del servizio intercettando le lettere civetta dei controllori scelti dall’azienda Izi Spa che deve certificare il servizio. Si tratta di un altro filone, che coinvolge anche un migliaio di sottoposti che, semplicemente, rispondevano a una catena di comando e che rischia di macchiare l’immagine di Poste come regina del recapito.
Altre recenti vicende rivelano la precarietà del servizio di corrispondenza. E riportano sempre al Cmp di Fiumicino. A giugno 2015, grazie alle telecamere fissate dagli investigatori dopo una segnalazione, un turnista è stato arrestato dai carabinieri con addosso i soldi destinati a istituti religiosi. In precedenza una donna era stata beccata a svuotare buste aperte con un taglierino nascosto sotto l’anello. E occhi esperti sanno individuare, inoltre, le lettere piene di denaro inviate dai Testimoni di Geova.
La forza lavoro
Su meno di mille dipendenti che lavorano nello stabilimento di Fiumicino, il 30% risulta inidoneo a pesi e movimentazione. Il 25% gode di permessi, malattie e distacchi, e l’età media sfiora i 50 anni. Tra ascensori guasti e manutenzione notturna che non è sempre garantita, il centro di smistamento rischia di diventare il simbolo di un ramo d’azienda che una volta era l’anima di Poste e che ora, per quanto sottoposto a carichi di lavoro straordinari, è perlopiù tenuto in vita trasformando i clienti nell’anello debole della catena.

img

Brescia oggi - domenica 07 febbraio 2016 PROVINCIA, pagina 25

CORTE FRANCA. Appello dalla Franciacorta

Gli esodati bussano alle porte del Governo
Tornano a far parlare di sè gli esodati, un ibrido tutto italiana di lavoratori che non lo sono più, ma nemmeno pensionati, generati dal decreto Monti-Fornero del dicembre 2011 che li ha messi al mondo. Giuseppe Zani, storico ex postino di Corte Franca e a sua volta ex esodato, ha diffuso un appello a nome della Rete degli esodati rivolto al capo del Governo e ai ministri, ai presidenti di Camera e Senato, ai presidenti delle Regioni e alle organizzazioni sindacali per sollecitare una soluzione all'ormai annoso problema. «Rimane ancora rotto il patto tra lo Stato ed oltre 24mila suoi cittadini. Non chiediamo privilegi - scrive il documento - ne ulteriori stanziamenti di risorse: chiediamo l'immediato ripristino nel Fondo esodati delle somme utilizzate per altri scopi, e la sollecita approvazione di un ottavo provvedimento di salvaguardia per restituire il diritto alla sopravvivenza degli oltre 24mila esclusi». F.SCO.